La Cina sta sviluppando una chiara, concreta e netta visione del proprio futuro, illuminata da una continua crescita che rende evidenti scelte politiche e strade da intraprendere.
Questa sembrerebbe la conclusione di uno studio commissionato dalla Congressional US-China Economic and Security Review Commission (USCC) che indaga “L’evoluzione del ruolo della Cina nelle istituzioni internazionali” (1) compiuto da Stephen Olson e Clyde Prestowitz dell’Economic Strategy Institute. I risultati del rapporto mettono in luce come la Cina, spesso considerata una minaccia per l’ordine internazionale, stia mettendo solide basi per la propria influenza nelle istituzioni internazionali, assorbendo prassi e regole che i Paesi avanzati si sono dati per cooperare proficuamente. E’ sempre più evidente come Pechino riesca a pesare anche sulle scelte delle Organizzazioni Non Governative (ONG) togliendo all’ “Occidente” la prerogativa del rapporto con queste.
Nel complesso, la relazione sottolinea la crescente consapevolezza cinese sulle modalità utili ad avvantaggiare i propri interessi nazionali, utilizzando il potere interno alle istituzioni internazionali e regionali (siano esse l’ONU, l’Organizzazione Mondiale del Commercio, il Fondo Monetario, o l’ASEAN), riuscendo ad impegnarsi selettivamente in questioni utili, nonché tralasciando quelle pericolose per il proprio modello economico e sociale.
Questo tipo di capacità cinese si accompagna ed è rafforzata dalla crisi economica (finanziaria) che investe in special modo gli Stati Uniti d’America, e che si riflette sul sistema sociale e filosofico basato sul mercato libero, poca ingerenza governativa, libero commercio e sistema di credito esagerato. A questo sistema la Cina contrappone il proprio e, alla classica delicata diplomazia, ora somma parole chiare e preoccupate, come quelle di Xu Nuojin (vice direttore della Banca Popolare Cinese) che mette in guardia sull’utilizzare unicamente la valuta statunitense e consiglia di adoperare un più ampio paniere così da ridurre i rischi: queste non sono solo parole di prudenza, ma manifestano il rinnovato vigore e coraggio cinese dovuti, secondo lo studio citato, proprio dall’odierna superiorità di questo sistema capace di far uscire la nazione a testa alta dalla crisi mondiale, con una maggiore credibilità nei confronti del sistema centrato sugli Stati Uniti, in special modo agli occhi dei Paesi del cosiddetto terzo mondo portati a considerare il ventunesimo secolo come il secolo cinese.
E’ per tali motivi che la leadership è interessata, ora, a influenzare le istituzioni internazionali -che a loro volta non creano, ma riflettono una situazione internazionale e questo conferma i cambiamenti geopolitica in atto- sapendo di poter rimodellare gli standard che hanno consentito il rientro della Cina nell’economia mondiale, regole che se sono state scritte senza la presenza cinese, ma che ora possono essere condizionate dall’emergente dragone. Ma questa influenza non sarà di certo “rivoluzionaria”, dato che uno dei principali interessi di Pechino è proprio la stabilità. Sono da escludere quei luoghi comuni che paventano uno schiacciamento dell’economia USA a opera cinese, ma anzi è facile sottolineare l’interesse dell’impero di mezzo verso una sana economia americana e mondiale, così da continuare a conseguire profitto in maniera necessariamente sostenibile, anche a causa dei profondi cambiamenti della società cinese.
E’ proprio per garantirsi questa fondamentale stabilità, continuano a sottolineare Olson e Prestowitz, che la Cina ha il bisogno nei prossimi decenni di rimodellare e dove possibile creare istituzioni internazionali adeguate al proprio ruolo crescente, appoggiata com’è dalle altre potenze emergenti che considerano l’attuale sistema ancora troppo “unipolare” e “coloniale”. Può essere un esempio la diffusa cattiva opinione dell’aiuto allo sviluppo proposto da Banca Mondiale e Fondo Monetario, considerato troppo vincolante e meno efficace di quello cinese che è invece più veloce, più competente nell’implementazione, meno cavilloso e di certo più aperto al trasferimento ed allo sviluppo tecnologico.
E’ per tali motivi che bisogna guardare alla crescente forza cinese con interesse, in special modo in un momento in cui alla sicurezza orientale si contrappone quasi un fastidio degli Stati Uniti nel collaborare nelle istituzioni internazionali, sempre più viste da questi come un freno, e invece rappresentanti per la Cina una grande opportunità per il futuro proprio e degli equilibri mondiali.
Note:
1)http://www.uscc.gov/researchpapers/2011/TheEvolvingRoleofChinainInternationalInstitutions.pdf
*Matteo Pistilli è redattore di Eurasia